L'amichevole cinefilo di quartiere

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Sinceramente non ho mai amato le classifiche in campo cinematografico.

Un po’ perché considero personalmente difficile paragonare tra loro pellicole completamente diverse come periodo di produzione, genere, temi ed ambientazione.
Avrei paura di dare maggior risalto ad una categoria narrativa piuttosto che un’altra.

È meglio Il re leone Django Unchained?

È meglio La sottile linea rossa Moulin Rouge!?

È meglio Mystic River Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta?

Boh?

Un po’ perché nel caso in cui le opere messe in ordine fossero parecchie si aprirebbe una INTERESSANTISSIMA discussione basata su STIMOLANTISSIME domande del tipo: “Ma perché il film X lo hai messo nella posizione 43 e il film Y è alla 44?”

E sinceramente anche no.

Dato che però adoro Black Mirror e gli episodi della recente Stagione 3 sono appena sei (che però ridendo e scherzando corrispondono all’ammontare delle prime due stagioni messe assieme) penso che un loro ranking sia più comodo sia da pensare che da realizzare.

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Prima di partire, tre premesse importanti.

  1. È una classifica PERSONALE e SOGGETTIVA, non sono le Tavole della Legge.
  2. Tutti gli episodi mi sono piaciuti, per cui il mio giudizio complessivo sulla stagione è ampiamente positivo.
  3. Parlerò abbastanza liberamente, ergo questo articolo CONTIENE SPOILER SULLE TRAME.

Se non avete già guardato TUTTI E SEI gli episodi, NON CONTINUATE A LEGGERE.

Detto questo, pronti, partenza e VIA.

6° POSTO – PLAYEST (Giochi pericolosi).

Un ragazzo americano in Inghilterra decide, per bisogno di soldi, di fare da beta tester ad un nuovo videogame horror basato sulla realtà aumentata.

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Nonostante il suo ultimo posto, devo dire che Playtest non mi è dispiaciuto.

Ho trovato molto interessante in particolare la rappresentazione della paura come un elemento personale di ognuno di noi, che quindi oltre ad alcune fattispecie ataviche (il buio, i mostri, l’ignoto…) cambia in base al nostro carattere e dipende in modo diretto dalla mente.

Ho apprezzato inoltre il rapporto tra memoria e dimenticanza, oltre che quello ad esso collegato tra il vivere nel presente ed il ricordare il passato. Una sorta di ping pong temporale in cui costruiamo i mattoni ora per avere una “casa” da rimembrare nel futuro.

Ambientazione ed attori sono convincenti (il protagonista è Wyatt Russell, figlio di Kurt e Goldie Hawn), ma ciò che mi spinge a metterlo in ultima posizione è un inizio narrativamente forse un po’ troppo lento, unito a tematiche che, per quanto come già detto apprezzabili, trovo meno “di ampio respiro” rispetto a quelle trattate in altri episodi della stagione.

Ottimi dieci-quindici minuti finali, con stuzzicanti plot twist piazzati forse per recuperare il tempo perduto durante la prima parte. Di sottovalutata potenza l’inquadratura in primissimo piano sul freddo ed asettico “HE CALLED MOM”.

Preso a sé stante non è male, è che, semplicemente, gli altri cinque episodi mi sono piaciuti di più.

5° POSTO – MEN AGAINST FIRE (Gli uomini e il fuoco).

Un’organizzazione militare si trova a combattere i “parassiti” (“roaches” nella versione inglese), mutanti legati ad un’arma biologica relativa ad una guerra imprecisata.

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La cosa che ho più apprezzato di Men Against Fire è l’approccio di Black Mirror al tema bellico, mai affrontato durante la serie.

È quindi un episodio in cui l’azione la fa da padrona per la maggior parte della sua oretta di durata. Sono mostrati infatti diversi scontri a fuoco ed il montaggio li esalta in maniera efficace con rapidi movimenti di camera; ciò aumenta di conseguenza realismo e tensione, mentre seguiamo le gesta di un novellino dell’esercito che combatte contro i mostri.

Il problema è forse la trama.

Se in un prodotto audiovisivo si parla di una razza di mutanti senza descriverli nei dettagli e mostrandoli solo ad episodio già inoltrato, io spettatore attento già prevedo che al 99% tali mostri si riveleranno esseri umani.
E quindi questo passaggio andava gestito meglio.
In più si potrebbe anche far notare che il sistema audio-video impiantato nei corpi dei soldati che cambia le loro percezioni sensoriali è concettualmente simile a quello utilizzato nell’ottimo special natalizio alla fine della seconda stagione, Bianco Natale.

Mi è piaciuto molto che sia stato trattato l’interessante tema dell’eugenetica, così come il fondamentale conflitto morale tra ciò che una persona avrebbe il dovere di fare e quello che la sua etica le suggerisca essere giusto o sbagliato (soprattutto all’interno di una scenario di guerra, con tutti i relativi risvolti).
Purtroppo, però, una volta afferrato il punto del “sono persone che dal codice genetico risultano portatrici di malattie, quindi le vogliono uccidere” l’episodio è un po’ già esaurito.

Menzione particolarmente positiva per il finale, molto in stile Black Mirror nella sua cruda tristezza e che lascia l’amaro in bocca tipico della serie.

A volte è meglio dimenticare.

4° POSTO – SHUT UP AND DANCE (Zitto e balla).

Un adolescente viene spiato e ricattato da alcuni hacker, che lo obbligano a portare a termine incarichi sempre più pericolosi sotto la minaccia di diffondere un video rubato dalla sua webcam.

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Se Playtest partiva un po’ troppo in sordina, Shut Up and Dance invece ingrana subito la quarta.

L’elemento maggiormente apprezzabile di questo episodio è la tensione, che monta sempre più nello spettatore mentre le azioni di un “povero ragazzo” sono controllate da una minaccia potente ma invisibile.

Mi è piaciuta la struttura a tappe dell’episodio, le quali sembrano non finire mai mentre le richieste dei ricattatori diventano sempre più estreme, e sono stato positivamente colpito dal realismo recitativo dimostrato sia dall’attore protagonista Alex Lawther che dalla sua spalla Jerome Flynn (il Bronn di Game of Thrones).

La pecca dell’episodio è di essere un po’ troppo similare come risvolti narrativi a Orso Bianco della seconda stagione, che probabilmente costituisce uno dei miei preferiti e che di conseguenza mi fa un po’ scadere questo.

Molto ben costruito il finale, in cui i cattivi vengono puniti indipendentemente da un eventuale loro percorso di redenzione o dal loro impegno a mantenere determinati tipi di segreti; in tal senso funzionale uso del meme della cosiddetta trollface, a ben rappresentare la reazione degli hacker agli sforzi dei personaggi coinvolti nella vicenda.

Fosse stato creato lo stesso nodo in gola attraverso un plot più originale avrei messo Zitto e balla in una posizione di classifica più alta.

3° POSTO – HATED IN THE NATION (Odio universale).

Dopo aver subito sui propri profili internet delle shitstorm (intense raffiche di commenti basati su insulti e minacce) alcuni personaggi pubblici considerati “antipatici” iniziano a morire.

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Come rovinare un episodio ottimo con un finale pessimo.

Odio universale è l’episodio più lungo della terza stagione (un’ora e mezza invece dell’oretta di durata degli altri) ed ha come genere narrativo il thriller poliziesco.

La maggiore durata lo espone anche a maggiori pecche: la protagonista è piuttosto bidimensionale nel suo rappresentare la poliziotta cazzuta tutto d’un pezzo e con il lessico di uno scaricatore di porto, la vicenda è talvolta spiegata in maniera piuttosto didascalica e magari anche alcuni characters secondari avrebbero meritato maggiore introspezione.
Tutto sommato però l’episodio è estremamente godibile, complice anche una trama intelligente e una stretta connessione all’attualità.

Chiunque si ritrovi ad utilizzare giornalmente un social network sa bene quanto attraverso la rete web le persone possano essere incredibilmente [inserire aggettivo negativo a scelta], e Odio universale indaga sul tema della responsabilità riguardo alle nostre parole in rete.

C’è differenza tra un commento postato anonimamente in cui riversiamo il nostro odio represso nei confronti di qualcuno e il carattere che abbiamo normalmente nella vita reale?

Come anticipato, questo episodio mi è purtroppo scaduto molto a causa di un finale posticcio e poco azzeccato.

Se si fosse infatti concluso semplicemente con la protagonista che lascia l’aula di tribunale dopo aver deposto, sarebbe stato un ending molto migliore.
Crudo, cupo, pessimista e ben più legato al tema generale dell’episodio rispetto al mostrare brevemente una continuazione delle indagini sotto copertura che lascia ben più di una questione inutilmente sospesa.

“Dimenticandomi” degli ultimi due minuti, credo sia uno degli episodi maggiormente legati alla nostra società attuale, e quindi decisamente meritevole di visione.

2° POSTO – NOSEDIVE (Caduta libera).

In un futuro prossimo, le persone ricevono continuamente recensioni: dopo qualsiasi scambio interpersonale si utilizza infatti lo smartphone per lasciare un giudizio da una a cinque stelle sugli individui con cui si ha a che fare.

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Non mi dilungherò su questo episodio perché l’ho già recensito (senza spoiler) nel mio ultimo articolo, che nel caso vi invito a leggere QUI.

Potendo rivelare parti della trama, trovo estremamente azzeccato il finale. Una sorta di catarsi emotiva in cui la protagonista non ha più i freni inibitori legati alla continua ricerca dell’apprezzamento altrui, ma può finalmente sfogarsi.

Come il precedente, anche Nosedive è un episodio fortemente legato alla società attuale, è ciò lo rende estremamente inquietante.

1° POSTO – SAN JUNIPERO (San Junipero).

Nel 1987 due giovani donne si incontrano a San Junipero, una città basata sul divertimento sfrenato.

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San Junipero è senza dubbio l’episodio più sentimentale (non inteso in senso dispregiativo) della terza stagione.

Un episodio incredibilmente ricco, denso e pregno di temi molto toccanti, fra cui spicca quello in assoluto più importante e vasto.

Il rapporto tra la vita e la morte.

Attraverso una relazione al di là dei concetti di tempo e spazio, le protagoniste Kelly e Yorkie stringono un legame di rara profondità.

Una delle due dà all’altra una motivazione per vivere (il poter incontrarsi anche nella vita reale, nonostante vecchiaia, malattie ed handicap), mentre la seconda dà alla prima una ragione per morire (poter passare insieme un tempo infinito e felice nel mondo virtuale della città).

Gioventù e vecchiaia, passato, presente e futuro, promesse attuali e di un tempo lontano vengono magistralmente condensati nei sessanta minuti di durata di questo piccolo gioiello, veramente commovente ed intenso.

Le scelte morali compiute nell’episodio riguardano tematiche estremamente mature e complesse, e vengono raccontate non solo con drammaticità, ma anche con rara levità, che consente all’episodio di non essere stancante o noioso, ma al contrario appassionante nella curiosità per come andrà a finire.

Ottima fotografia con sapiente ed accurato uso del materiale storico per le varie epoche, unita sonoramente ad una colonna sonora potente ed azzeccata.

Veramente un picco qualitativo notevole per l’intera serie; personalmente mi trovo quasi in difficoltà a scriverne, perché è un’opera che va vista, parlandone si perde qualcosa.

A mio avviso, San Junipero è quindi l’episodio migliore della terza stagione.

Che dire in generale di questa stagione 3?

Beh, che è ottima.

Buona alternanza di generi diversi, qualità complessiva ottima, belle storie ed attori azzeccati.

In attesa quindi della quarta stagione, con altri sei episodi programmati per il 2017.

Personalmente, non vedo l’ora.

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